Lunapop

Rubrica: Ca va sans dire

Autori: Santè Somminuti

Tempo di lettura: 3 minuti.

Mi sto rovinando la vita, lo scoprirò tra due anni mezzo. Pausa sigaretta sui gradini della galleria di corte Isolani tra strada maggiore e Piazza Santo Stefano in Bologna.

Botta nel cesso di un locale sopra una carta di credito Fineco, ho avuto un calo di pressione qualche ora fa, un cinquantone arrotolato mi rimette al mondo.

Botta nel cesso di casa mentre i coinquilini preparano pasta col pesto.

Botta dentro un bar alle 5 di mattina, rientro a casa e non ho sonno anche se fuori albeggia, mi faccio una storia cercando ispirazione, la trovo, mi masturbo, mi metto il pigiama e mi ritrovo con lo spazzolino dentro il letto; un posto letto dentro una tripla in via Altabella. Quando dopo il caffè, prima della defecazione mattutina, mi accendo una sigaretta, fuori alla finestra spizzo le due torri: imponenti, calpesto il suolo che ha calpestato Dante Alighieri.

L’università di Bologna è stata istituita nel 1088, la prima in Europa; Chiara ha un fondo schiena che parla, siamo a metà Maggio, quando la mattina si stende sul piano cottura per appoggiare la moka sul fornello, con i suoi pantaloncini rosa arrotolati sulle cosce, se ti va bene in reggiseno nero, ho un durello difficile da smorzare. Si sente con un tipo che conosco molto bene, se non fosse per questo le sarei già saltato addosso; se non fosse per il tipo, a quest’ora non avrei un tetto. La scimmia che m’accompagna inizia a rompere il cazzo: ho iniziato con una botta al mese, poi sono passato ad una a settimana per poi arrivare a una al giorno.

Non ho i soldi per mantenere una sana e socialmente accetabile tossicodipendenza di tale natura. Ora sono a 3 al giorno. Alzo il coperchio della tazza del cesso, ripongo nell’acqua stagnante mista a urina una bustina con un ventino, schiaccio lo sciacquone e dico addio ad una parte di me. Fa male, ma non troppo, non mi è mai piaciuto particolarmente l’effetto che ti da, preferisco il fumo, diciamo che ho iniziato a farne uso per sostenere i ritmi di lavoro: ho un contratto apprendistato fino al 2100 e lavoro 48 ore a settimana, se mi va bene. Sono un tipico guaglione del centro sud nel pieno della sua post adolescenza in cerca della ciliegina sulla torta del proprio io. Oggi ne sono certo, nella vita non combinerò mai un cazzo, la mia massima ambizione è trovare un lavoro onesto da 1200 euro al mese, magari metterò su una piantina, vorrei avere una famiglia: se mai troverò una scoppiata disposta a sopportarmi non la tradirò mai. Mio padre ha impollinato il fiore sbagliato nella primavera più fredda dell’ultimo mezzo secolo. Non gliene faccio una colpa, gli voglio bene, a volte lo odio; starò in pace con me stesso solo quando sarà morto. Già me lo immagino, al suo funerale: i suoi amici che piangeranno sotto ray ban scuri e io impassibile, sconcertato nel non riuscire a rendermi conto che è morto mio padre, l’unico, colui che ha contribuito a darmi la vita, sono frutto del suo seme eppure siamo sempre stati due sconosciuti. Nemmeno una fottuta lacrima.

Parlando con alcuni compari che hanno già perso il padre, sembrerebbe che una volta che ti ritrovi a vederlo ansimare al confine tra l’al di qua e l’ al di là, ti venga in mente improvvisamente tutto ciò che avresti sempre voluto dirgli. Io a mio padre non ho niente da dire:

Perchè?

Perchè mi ha messo al mondo”.

Botta a piazza Malpighi sopra il gradino inferiore di una saracinesca abbassata in piena notte. Ho un problema: al di fuori di un diploma scientifico non ho un cazzo di titolo di studio. In via Altabella mi accendo una philip morris, penso che vorrei girare il mondo, ora, adesso; tra un anno e mezzo ci sarà una pandemia e dovrò rassegnarmi al fatto di non avere un cazzo di futuro o di avere un futuro del cazzo. Da grande mi piacerebbe campare tramite la scrittura, so che è come sognare di diventare cestista pur contando 1m70 di altezza ma di Martedi, non fa particolarmente freddo, oggi c’è poca gente al locale, mi siedo sui gradini della galleria di Corte Isolani tra Strada Maggiore e piazza Santo Stefano, in Bologna, mi accendo una sigaretta e lo vedo: alto su 1m e 85, castano chiaro, sembra uno schizzato, come tutti i personaggi famosi ha come un’aurea magica che lo circonda, è solo, qualcuno lo saluta con il nome di battesimo, palesemente leggi nel suo sguardo strafatto che non ha la più pallida idea di chi stra cazzo lo stia salutando. La ragazza del futuro? Mamma, sono a casa, tutto bene, ho beccato Cesare Cremonini. (Tutti i personaggi e gli eventi contenuti nel testo sono puramente casuali; il contenuto di cui sopra è frutto di una psiche malata: non dovrebbe nè essere pubblicato, né essere letto da nessuno).

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Pubblicato il 10 apr, 2022