Amir Issaa aka Cina Trv - Digging In Graffiti

Rubrica: Digging In Graffiti

Autori: Kode

Tempo di lettura: 9 minuti.

Amir Issaa aka Cina Trv, storico writer romano, in questa intervista ci ha raccontato la sua storia e la sua visone sul mondo dei graffiti e dell’Hip Hop. Per noi è stato un onore poter fare questa intervista, in cui emerge l’essenza della scena romana, fin dagli inizia del movimento.


Iniziamo dalla passione per i graffiti, come è nata e cosa ti ha spinto ad iniziare?

Quando ero ragazzino negli anni novanta ho iniziato ad appassionarmi ai graffiti, perché era la cosa più tangibile e visibile, li trovavi in strada indipendentemente che tu facessi parte o meno del mondo hip hop o dei graffiti. Le prime cose che ho visto erano le tag, mi incuriosivano, ricordo che vedevo queste tag quando uscivo da scuola facendo il tragitto per tornare a casa. La prima che ho visto è stata quasi sicuramente quella di Ioice (che in seguito è diventato Napal). Roma è sempre stata piena di scritta a prescindere dal writing, in strada trovavi spesso scritte politiche o riguardanti il calcio, i tag dei writer però erano quelle che catturavano la mia attenzione non solo per lo stile, ma, anche perché la stessa firma la trovavi in luoghi e contesti diversi. A dodici anni ho iniziato a replicare sul mio quaderno ciò che vedevo in strada ispirandomi a Ioice, Clown, Crash Kid e EMC (in seguito è diventato Stand).

Poi un giorno vidi in tv Beat Street (film cult del 1984) in cui c’erano scene di writing dove dipingevano treni. Il giorno dopo andai a comprare delle bombolette dal ferramenta, credo sia stato il 91', presi gli spray e come prima cosa andai a scrivere sui muri esterni del mercato di Torpignattara, il quartiere dove sono cresciuto

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I tuoi primi passi nella scena quali sono stati?

I primi passi li ho mossi poco più che ragazzino, inizialmente scrivevo nel mio quartiere con un amico, lui taggava Kyashan, (nome ispirato a un cartone giapponese), che poi è diventato Wisk. Il mio primo pezzo scrissi Crime e lo feci insieme a Kyashan, mi ricordo che feci prima le outline e poi colorai dentro (ndr ride). Abbiamo iniziato subito a fare bombing in strada, con il tempo iniziammo a conoscere quelli che lo facevano già prima di noi, e ci portavano con loro.

Ovviamente all’inizio gli facevamo da palo la notte mentre loro si facevano le linee della metro A o B. Mi ricordo la prima volta, dove Stand mi disse “Vai è il tuo momento”, era la linea A, e ricordo bene che scrissi a fianco al mio pezzo: “14 anni e tanta voglia di crescere”. Molte cose che vi sto raccontando le potete trovare nel mio primo libro “Vivo per questo”.

L’underground romano ha uno stile inconfondibile che si è fatto largo nel mondo, dal bombing fino alle metro e treni, come era la scena quando tu hai iniziato?

I graffiti a Roma in quegli anni possiamo dire che erano divisi in due scene separate, una scena composta da writer tradizionali ossia tag, bombing e treni, in cui ognuno scriveva solamente il proprio nome, mentre l’altra scena era composta dai writer dei centri sociali come le crew BK38 o 00199, quest’ultima formata solo da donne. Quindi in quegli anni se facevi parte della scena Hip Hop scrivevi il tuo nome mentre se eri parte del movimento dei centri sociali scrivevi un messaggio, o meglio delle frasi che potessero rappresentare le idee del movimento. Mi ricordo che spesso accadeva che durante le manifestazioni fatte dai centri sociali ad un certo punto il corteo si fermava e i manifestanti aprivano un cerchio a proteggere e a nascondere dai poliziotti i writer che scrivevano queste frasi sui muri.

Questa era una situazione che si replicava anche per la scena rap, una demarcazione iniziale andata avanti almeno fino alla metà dei novanta, faceva sì che entrambe le parti inizialmente non si piacessero a vicenda. Poi arrivammo noi, per noi intendo io, Heko (poi diventato Pane), Ciof T (Joe), Koma, Hestro (Sugo) - inseguito formammo la crew ETC poi diventata TRV- e noi facemmo da anello di congiunzione. In quanto frequentavamo i centri sociali e dipingevamo con loro, ma conoscevamo anche tutto l’altro mondo Hip Hop, abbiamo fatto da vero e proprio collante. Alla fine abbiamo capito che facevamo parte tutti dello stesso mondo, magari in forme diverse, ma che comunque sia venivamo da un unica origine.

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La scena che si stava formando a Roma aveva qualche influenza dall’esterno? Qualche punto di riferimento?

A Roma nei novanta iniziavano ad esserci molti writer e per lo più ci conoscevamo tutti, quindi quando qualcuno dall’estero veniva a fare del bombing o dei treni, noi capivamo se era un writer della nostra città o meno. Fu Kraze l’anello di congiunzione che portò Roma a connettersi con i writer di tutta Europa, perché lui viveva ad Amsterdam, e scendeva spesso in Italia avendo a Roma la famiglia, noi avevamo notato le sue tag in giro per Roma. Un giorno Stand lo conobbe e da lì cambiò radicalmente la nostra visione. Kraze ai tempi aveva dipinto ad Amsterdam già con i king della scena mondiale, e quando si sparse la voce che dipingeva a Roma e che a Roma le metro si potevano dipingere, i writer di altre città Europee contattavano Kraze e Stand. Ci ritrovammo a dipingere con gente potente come Delta, Fume di Dortmund, Sento TFP, Honet, e molti altri. Il nostro stile intendo quello dei TRV è infatti un ibrido tra lo stile Europeo e quello newyorkese, e questo è dovuto dalle influenze dei writer che in quegli anni venivano a Roma, e che noi portavamo a fare le metro.

La generazione dei writer romani all’epoca aveva dai 15 ai 20 anni, noi ci ritrovammo a dipingere con gente di 30-35 anni che veniva dalla Francia, dalla Germania, dagli Stati Uniti, dall’Olanda. Cercavo di imparare il più possibile da loro, sapevo che avevano più background di noi, e che avevano conoscenza di cose che noi magari non sapevamo. Ad esempio noi inizialmente facevamo i pezzi sotto al finestrino, avevamo quasi una sorta di riverenza nei confronti del sistema repressivo, mentre vedevamo Fume che si faceva un Top to bottom, quindi cercavamo di rubare con gli occhi e facevamo nostre le cose che più ci piacevano. Frequentare writer che venivano dall’Europa o dall’America ci cambiò totalmente la visione, lo stile, l’azione di notte.

Secondo te perchè in italia il movimento underground dei graffiti ma più in generale dell’Hip Hop è arrivato con almeno 10 anni di ritardo? Come hai detto te la scena a Roma era composta per lo più da 15-20enni mentre in Europa già c’era gente con almeno 10/15 anni in più.

Secondo me è dovuto al fatto che le generazioni Italiane prima delle nostre, cresciute alla fine degli anni 70 e inizi 80, a parte pochi esempi, non avevano così tanta possibilità di viaggiare forse per questioni di soldi ma anche culturali secondo me. Mentre in altre città europee magari era più comune, ad esempio andare da Londra a New York e viceversa, oppure da Amsterdam a Londra e così via. In Italia questa cosa è diventata più comune negli anni 90. Poi è anche vero che Londra e Berlino erano città con già una forte presenza di etnie diverse, e di conseguenza input diversi, questo inevitabilmente porta a una maggiore apertura mentale, che in Italia è sicuramente arrivata dopo.

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La competizione è parte integrante dei graffiti, e a Roma la competitività è in ogni centimetro, come l’hai vissuta e la vivi tutt’ora?

La competizione tra noi era qualcosa che ci spronava a migliorarci. Eravamo la ETC (io, Pane, Joe, Hestro, Nico e Koma) fin quando con Stand (MT2) non decidemmo un giorno a piazzale Flaminio di fondere le due crew diventando così la TRV. Tra di noi c’era una competizione sana, mentre con il resto della scena volevamo essere i numeri uno, puntavamo ad essere i migliori nel modo più hardcore possibile, e credo che ci siamo riusciti. Avevamo un’attitudine molto arrogante ai tempi, non ti nascondo che volevamo sempre prevalere, se qualcuno faceva un pezzo in un posto bello noi dovevamo farlo in uno migliore ancora.

Negli anni in Italia c’è stata una forte repressione verso i writer, con leggi severe, com’era nei novanta e come si è evoluta?

Uno dei motivi per cui la scena romana si è affermata a livello mondiale è dovuto anche al fatto che agli inizi dei novanta fino ai duemila non c’erano leggi contro gli atti di “vandalismo”, essendo una cosa nuova per l’Italia in generale, ancora non erano state varate leggi contro i graffiti. Cosa che nel resto del mondo era stata fatta. Ad esempio a New York, Parigi o Londra già erano presenti leggi e azioni anti graffiti, che rendevano la vita difficile ai writer. Noi qui potevamo veramente fare come volevamo, magari stavamo ore in yard o in deposito, non c’erano molti controlli. Potevamo entrare in dieci, spaccare tutto e andarcene senza troppi problemi.

Questo valeva anche per chi veniva dall’estero, ed era abituato a situazioni di maggiore repressione, si trovava di fronte ad un contesto quasi paradisiaco. Questo permise alla scena di consolidarsi e affermarsi a livello mondiale, grazie anche a queste condizioni favorevoli. Oggi è totalmente diverso, molto più complicato, con leggi severe che puniscono i writer in maniera sproporzionata, ma nonostante ciò questo non ferma il movimento.

Spesso accade che con il tempo si trovano nuovi modi per esprimersi, te lo hai fatto in modi diversi, dai graffiti al rap fino ai libri. Ogni mezzo ha una potenza e un pubblico differente, com’è esprimersi in vari linguaggi e registri?

La prima forma d’arte in cui mi sono imbattuto è stata per l’appunto i graffiti. Mi permettevano di esprimermi e mi facevano sentire parte di qualcosa. Poi ho iniziato con il Rap, che tuttora porto avanti, con cui posso veicolare dei messaggi e dei pensieri. Oggi nelle scuole o nelle università cerco di portare la mia visione sul rap e sulla cultura Hip Hop, l’ho messa nero su bianco nel libro “Educazione Rap”.

Molti writer con il tempo hanno evoluto il loro stile portandolo sui quadri, facendo mostre o collaborando con marchi di vestiti, hanno il mio rispetto. Nel momento in cui riesci a trasformare una passione in un lavoro senza snaturarti è sicuramente una cosa da rispettare. È anche importante far chiarezza che i graffiti e la street art sono due cose separate, non voglio fare la menata hardcore, ma voglio precisare che sono cose distinte, ho amici che fanno street art che rispetto moltissimo. Non voglio demonizzare la street art ma semplicemente far capire che sono due mondi a parte.

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Progetti futuri e presenti?

Ho un progetto sul writing avendo tantissimo materiale e storie che prima o poi uscirà, l’idea è fare un libro narrativo con in aggiunta materiale fotografico, dove racconto la storia di Cina TRV. Parallelamente ho un nuovo album che uscirà a inizio del prossimo anno con un top producer di cui ancora non posso dire il nome. Ho due libri editi “Vivo per questo” ed “Educazione Rap” che porto nelle scuole e nelle università. Ne ho scritto un altro intitolato “Rime amore poesia” che è andato in stampa questi giorni, e uscirà nelle librerie il 23 gennaio (pre-order). Scritto con Giulia Ananìa in cui abbiamo analizzato due linguaggi differenti il Rap e la Poesia, mettendoli in relazione, cercando di far comprendere che alla fine non sono mondi così distanti fra loro. Collaboro con Treccani Cultura per progetti di divulgazione della cultura Hip Hop in ambiti in cui magari non viene vista come dovrebbe. Cerco di far capire che questa cultura può dare alle persone un modo per esprimersi ma anche per guadagnare dalla propria arte.

Siamo arrivati alla fine, chiudiamo chiedendoti un aneddoto riguardante i graffiti.

Vi racconto un aneddoto divertente, stavamo sulla linea dei treni di Bologna, eravamo andati a una delle tante jam a cui partecipavamo in giro per l’Italia. Eravamo io ed Heko e altri della crew, stavamo dipingendo sul muro di linea, quando a una certa arriva un trenino giallo dei controlli, noi ci nascondemmo, una volta passato io parto subito riprendendo a dipingere l’outline del pezzo, però mi accorgo solo dopo che sono a più di metà pezzo che non era il mio ma era di Heko (ndr ride). Altri aneddoti li ho raccontati nei miei testi o nei libri, uno l’ho raccontato in storytelling nella traccia “Paure” con Masito e Supremo.

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Pubblicato il 12 gen, 2023